domenica 18 marzo 2012

I LOVE NEW YORK....









L'appuntamento settimanale con i ricordi di viaggi, da condividere con chi ha piacere di leggermi, oggi mi porta indietro nel tempo e per l'esattezza al 2001, quando, invitato dalla compagnia aerea Us Airways, ebbi la fortuna di poter partire per Philadelphia, una di quelle città americane, così presenti nella cinematografia (basti pensare a tutta la saga di Rocky), ma che vanno assolutamente visitate, al di là di questa unica motivazione.
Nel ritornare a quel lontano periodo, visto con gli occhi di oggi, provo un senso di nostalgia.
Quel viaggio negli States fu, per ironia della sorte, l'ultimo viaggio importante che ebbi modo di fare.
Dico ironia della sorte, perché ero reduce da anni in cui avevo girato in lungo ed in largo, sfruttando il lato piacevole della nostra professione e mi ero, di conseguenza, arricchito di un enorme bagaglio professionale.
Mi mancava New York, era nei miei sogni, la vedevo come una meta che mi era sfuggita ma era lì ad aspettarmi.
La vita però gioca spesso dei brutti tranelli.
Ero tornato così entusiasta da quell'esperienza, però con un senso di mancanza dentro, in quanto avevo dedicato a questa immensa e fantastica città soltanto una giornata, e quindi mi era rimasto dentro un fortissimo desiderio di tornarci.
Ero fiducioso che il mio lavoro me lo avrebbe permesso.
Invece, poco dopo il mio rientro in Italia, mi viene comunicato che l'agenzia dove lavoravo e di cui ero anche socio di minoranza era stata ceduta e da lì è iniziato una sorta di calvario, dapprima professionale e poi con l'aggravante di situazioni familiari che mi impedirono per un lungo tempo di tornare a viaggiare nel mondo.
E poi non dimentichiamoci cosa successe a New York quella folle, tragica mattina del 11 settembre, immagini che ognuno di noi non può più dimenticare.
Sono passati, ormai undici anni, eppure se socchiudo gli occhi, se guardo le foto, ancora mi vedo lì, emozionato, stupefatto, incredulo, perso nella grandezza di tutto quello che in questa città è portato all'eccesso.
Ero partito da Philadelphia di mattina presto in treno, come i tanti pendolari che abbiamo visto in tanti film, per avere più tempo a disposizione.
Mentre il treno si avvicinava alla Penn Station, lo skyline di New York cominciava a far battere il mio cuore.
Ebbi subito l'impatto con la città da buon italiano.
Nel mio maccheronico americano e con la mia mappetta in mano, chiesi ad un poliziotto, anche lui visto tantissime volte in tivù, dove fosse il Metropolitan Square Garden e lui mi rispondeva "This is" ed io a insistere.
Non avevo capito di essere già dentro questo tempio dello sport, dello spettacolo mondiale.
Uscito dalla stazione ho dovuto resettare completamente il cervello, abituato ad altre dimensioni, ad altre altezze e immergermi così in una realtà completamente differente dai nostri standard ambientali.
Un conto è vedere i grattacieli in televisione, un conto è esserci al cospetto.
Ti senti piccolissimo, vuoi arrivare con lo sguardo fino al punto più alto e senti la testa che ti gira.
Allora ho tirato un forte respiro e mi sono fatto coraggio, non potevo perdere tempo prezioso.
E' iniziata così una sorta di piccola personale maratona in cui non riesco a quantificare i chilometri percorsi.
Ritrovarmi nel cuore di Broadway, il tempio dei grandi musicals: immensi cartelloni pubblicitari con i programmi in scena, luci, foto e lo sguardo che non riesce a concentrarsi, tanto è catturato da una girandola di forti immagini.
Mi sono ritrovato anch'io su Times Square, cercando un attimo di pace per immortalarmi nella foto ricordo e pensando a chi ha avuto la fortuna di aspettare, come tradizione, un nuovo anno su questa piazza.
Ho camminato sulla Fifth Avenue, e mentre passeggiavo, perso nella folla, incantato da tutto, avevo la sensazione di essere in un set cinematografico, perché tutto quello che si stava materializzando davanti ai miei occhi lo avevo già visto in centinaia di film, ed quel giorno era tutto vero.
Sono arrivato davanti al Plaza, il mitico hotel e non ho resistito alla tentazione di entrare e confondermi nella clientela dell'albergo, per un momento di celebrità.
E poi mi sono "disintossicato" nel polmone verde di New York: il Central Park, altro set cinematografico: persone che nella pausa pranzo fanno jogging, coppiette innamorate come in tanti film, panoramiche che ti danno la sensazione di essere in Irlanda anziché in America.
Pranzo veloce con uno di quei hamburger che in confronto ai nostri sono di una grandezza spaventosa, coperti da una mole di ketchup,e poi capisci perché qui sono tutti megaobesi!
Per rientrare avevo avuto la bella idea di provare la metro.
Sono sceso e mi sembrava di avere davanti a me un labirinto, quasi impossibile da decifrare.
Ho fatto una foto e sono risalito in superficie per continuare la mia maratona.
La sera mi ha regalato altre forti emozioni, quando la città si accende di milioni di luci e la sensazione di essere in un sogno si fa sempre più intensa.
Il mio tempo andava esaurendosi ma volevo ancora nutrirmi di altre immagini e così velocemente ho raggiunto il Palazzo delle Nazioni Unite, ho ammirato l'Empire State Building e non potevo non concludere, entrando nella Central Station, altra location inflazionata da migliaia di pellicole che sono state girate qui.
Stanco ma non sazio, ho ripreso l'Amtrak per tornarmene al mio hotel di Philadelphia, salutando New York con un "goodbye" perché sono sicuro che la vita mi donerà di nuovo la possibilità di ritornare in questo luogo, dove le emozioni vanno a mille.


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